sur la réception de Fiducia supplicans
de Dicastère pour la Doctrine de la Foi
Date de publication : 04/01/2024
Texte original
Dicastero per la Dottrina della Fede
Comunicato stampa circa la ricezione di Fiducia supplicans
4 gennaio 2024
Scriviamo questo Comunicato stampa per aiutare a chiarire la ricezione di Fiducia supplicans, raccomandando al contempo una lettura completa e attenta della Dichiarazione per comprendere meglio il significato della sua proposta.
1. Dottrina
I comprensibili pronunciamenti di alcune Conferenze episcopali sul documento Fiducia supplicans hanno il valore di evidenziare la necessità di un periodo più lungo di riflessione pastorale. Quanto espresso da queste Conferenze episcopali non può essere interpretato come un’opposizione dottrinale, perché il documento è chiaro e classico sul matrimonio e sulla sessualità. Ci sono diverse frasi forti nella Dichiarazione che non lasciano dubbi:
«La presente Dichiarazione resta ferma sulla dottrina tradizionale della Chiesa circa il matrimonio, non ammettendo nessun tipo di rito liturgico o benedizioni simili a un rito liturgico che possano creare confusione». Si agisce, di fronte a coppie irregolari, «senza convalidare ufficialmente il loro status o modificare in alcun modo l’insegnamento perenne della Chiesa sul matrimonio» (Presentazione).
«Sono inammissibili riti e preghiere che possano creare confusione tra ciò che è costitutivo del matrimonio, quale “unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli” e ciò che lo contraddice. Questa convinzione è fondata sulla perenne dottrina cattolica del matrimonio. Soltanto in questo contesto i rapporti sessuali trovano il loro senso naturale, adeguato e pienamente umano. La dottrina della Chiesa su questo punto resta ferma» (4).
«Tale è anche il senso del Responsum dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede laddove afferma che la Chiesa non ha il potere di impartire la benedizione ad unioni fra persone dello stesso sesso» (5).
«Dato che la Chiesa ha da sempre considerato moralmente leciti soltanto quei rapporti sessuali che sono vissuti all’interno del matrimonio, essa non ha il potere di conferire la sua benedizione liturgica quando questa, in qualche modo, possa offrire una forma di legittimazione morale a un’unione che presuma di essere un matrimonio oppure a una prassi sessuale extra-matrimoniale» (11).
Evidentemente, non ci sarebbe lo spazio per prendere le distanze dottrinali da questa Dichiarazione o per considerarla eretica, contraria alla Tradizione della Chiesa o blasfema.
2. Ricezione pratica
Alcuni Vescovi, tuttavia, si esprimono in modo particolare a riguardo di un aspetto pratico: le possibili benedizioni di coppie irregolari. La Dichiarazione contiene la proposta di brevi e semplici benedizioni pastorali (non liturgiche né ritualizzate) di coppie irregolari (non delle unioni), sottolineando che si tratta di benedizioni senza forma liturgica che non approvano né giustificano la situazione in cui si trovano queste persone.
I documenti del Dicastero per la Dottrina della Fede come Fiducia supplicans possono richiedere, nei loro aspetti pratici, più o meno tempo per la loro applicazione a seconda dei contesti locali e del discernimento di ogni Vescovo diocesano con la sua Diocesi. In alcuni luoghi non ci sono difficoltà per un’applicazione immediata, in altri si dà la necessità di non innovare nulla mentre ci si prende tutto il tempo necessario per la lettura e l’interpretazione.
Alcuni Vescovi, ad esempio, hanno stabilito che ogni sacerdote deve compiere un’opera di discernimento e che potrà, tuttavia, eseguire queste benedizioni solo in privato. Nulla di tutto ciò è problematico se viene espresso con il dovuto rispetto per un testo firmato e approvato dallo stesso Sommo Pontefice, cercando in qualche modo di accogliere la riflessione in esso contenuta.
Ogni Vescovo locale, in virtù del suo proprio ministero, ha sempre il potere di discernimento in loco, cioè in quel luogo concreto che conosce più di altri perché è il suo gregge. La prudenza e l’attenzione al contesto ecclesiale e alla cultura locale potrebbero ammettere diverse modalità di applicazione, ma non una negazione totale o definitiva di questo cammino che viene proposto ai sacerdoti.
3. La situazione delicata di alcuni Paesi
Il caso di alcune Conferenze episcopali deve essere compreso nel proprio contesto. In diversi Paesi ci sono forti questioni culturali e perfino legali che richiedono tempo e strategie pastorali che vanno oltre il breve termine.
Se ci sono legislazioni che condannano con il carcere e in alcuni casi con la tortura e perfino con la morte il solo fatto di dichiararsi omosessuale, va da sé che sarebbe imprudente una benedizione. È evidente che i Vescovi non vogliono esporre le persone omosessuali alla violenza. Resta importante che queste Conferenze episcopali non sostengano una dottrina differente da quella della Dichiarazione approvata dal Papa, in quanto è la dottrina di sempre, ma piuttosto che propongano la necessità di uno studio e di un discernimento per agire con prudenza pastorale in un tale contesto.
In verità, non sono pochi i Paesi che in varia misura condannano, proibiscono e criminalizzano l’omosessualità.In questi casi, al di là della questione delle benedizioni, vi è un compito pastorale grande e di largo respiro che include formazione, difesa della dignità umana, insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa e diverse strategie che non ammettono fretta.
4. La vera novità del documento
La vera novità di questa Dichiarazione, quella che richiede un generoso sforzo di ricezione e da cui nessuno dovrebbe dichiararsi escluso, non è la possibilità di benedire coppie irregolari. È l’invito a distinguere tra due forme differenti di benedizioni: “liturgiche o ritualizzate” e “spontanee o pastorali”. Nella Presentazione si spiega chiaramente che «il valore di questo documento è […] quello di offrire un contributo specifico e innovativo al significato pastorale delle benedizioni, che permette di ampliarne e arricchirne la comprensione classica strettamente legata a una prospettiva liturgica». Questa «riflessione teologica, basata sulla visione pastorale di Papa Francesco, implica un vero sviluppo rispetto a quanto è stato detto sulle benedizioni nel Magistero e nei testi ufficiali della Chiesa».
Sullo sfondo si situa la valutazione positiva della “pastorale popolare” che appare in molti testi del Santo Padre. In questo contesto, il Santo Padre ci invita a una valorizzazione della fede semplice del Popolo di Dio, che anche in mezzo ai suoi peccati esce dall’immanenza e apre il suo cuore per chiedere l’aiuto di Dio.
Per questa ragione, più che a riguardo della benedizione di coppie irregolari, il testo del Dicastero ha adottato l’alto profilo di una “Dichiarazione”, che rappresenta molto di più di un responsum o di una lettera. Il tema centrale, che ci invita in modo particolare ad un approfondimento che arricchisca la nostra prassi pastorale, è la comprensione più ampia delle benedizioni e la proposta di accrescere le benedizioni pastorali, che non esigono le medesime condizioni delle benedizioni in un contesto liturgico o rituale. Di conseguenza, al di là della polemica, il testo richiede uno sforzo di riflessione serena, con cuore di pastori, scevro da ogni ideologia.
Sebbene qualche Vescovo consideri prudente per il momento non dare queste benedizioni, resta vero che tutti necessitiamo di crescere nella convinzione che le benedizioni non ritualizzate non sono una consacrazione della persona o della coppia che le riceve, non sono una giustificazione di tutte le sue azioni, non sono una ratifica della vita che conduce. Quando il Papa ci ha chiesto di crescere in una comprensione più ampia delle benedizioni pastorali, ci ha proposto di pensare ad un modo di benedire che non richiede di porre tante condizioni per realizzare questo semplice gesto di vicinanza pastorale, che è un mezzo per promuovere l’apertura a Dio in mezzo alle più diverse circostanze.
5. Come si presentano concretamente queste “benedizioni pastorali”?
Per distinguersi chiaramente dalle benedizioni liturgiche o ritualizzate, le “benedizioni pastorali” debbono essere soprattutto molto brevi (cfr. n. 28). Si tratta di benedizioni di pochi secondi, senza Rituale e senza Benedizionale. Se si avvicinano insieme due persone per invocarla, semplicemente si chiede al Signore pace, salute e altri beni per queste due persone che la richiedono. Allo stesso tempo si chiede che possano vivere il Vangelo di Cristo in piena fedeltà e che lo Spirito Santo possa liberare queste due persone da tutto ciò che non corrisponde alla sua volontà divina e di tutto ciò che richiede purificazione.
Questa forma di benedizione non ritualizzata, con la semplicità e la brevità della sua forma, non pretende di giustificare qualcosa che non sia moralmente accettabile. Ovviamente non è un matrimonio, ma non è neanche un’“approvazione” né la ratifica di qualcosa. È unicamente la risposta di un pastore a due persone che chiedono l’aiuto di Dio. Perciò, in questo caso, il pastore non pone condizioni e non vuole conoscere la vita intima di queste persone.
Poiché alcuni hanno manifestato la domanda sul come potrebbero essere queste benedizioni, vediamo un esempio concreto: immaginiamo che in mezzo ad un grande pellegrinaggio una coppia di divorziati in una nuova unione dicano al sacerdote: “Per favore ci dia una benedizione, non riusciamo a trovare lavoro, lui è molto malato, non abbiamo una casa, la vita sta diventando molto pesante: che Dio ci aiuti!”.
In questo caso, il sacerdote può recitare una semplice orazione come questa: «Signore, guarda a questi tuoi figli, concedi loro salute, lavoro, pace e reciproco aiuto. Liberali da tutto ciò che contraddice il tuo Vangelo e concedi loro di vivere secondo la tua volontà. Amen». E conclude con il segno della croce su ciascuno dei due.
Si tratta di 10 o 15 secondi. Ha senso negare questo tipo di benedizioni a queste due persone che la implorano? Non è il caso di sostenere la loro fede, poca o molta che sia, di aiutare le loro debolezza con la benedizione divina, e di dare un canale a questa apertura alla trascendenza che potrebbe condurli a essere più fedeli al Vangelo?
A scanso di equivoci, la Dichiarazione aggiunge che, quando la benedizione è chiesta da una coppia in situazione irregolare, «benché espressa al di fuori dei riti previsti dai libri liturgici […] questa benedizione mai verrà svolta contestualmente ai riti civili di unione e nemmeno in relazione a essi. Neanche con degli abiti, gesti o parole propri di un matrimonio. Lo stesso vale quando la benedizione è richiesta da una coppia dello stesso sesso» (39). Resta chiaro, pertanto, che non deve avvenire in un posto importante dell’edificio sacro o di fronte all’altare, perché anche questo creerebbe confusione.
Per questa ragione, ogni Vescovo nella sua Diocesi è autorizzato dalla Dichiarazione Fiducia supplicans ad attivare questo tipo di benedizioni semplici, con tutte le raccomandazioni di prudenza e di attenzione, ma in nessun modo è autorizzato a proporre o ad attivare benedizioni che possano somigliare a un rito liturgico.
6. Catechesi
In alcuni luoghi, forse, sarà necessaria una catechesi che aiuti tutti a intendere che questo tipo di benedizioni non sono una ratifica della vita che conducono coloro che le invocano. Ancora di meno sono una assoluzione, in quanto questi gesti sono lontani dall’essere un sacramento o un rito. Sono semplici espressioni di vicinanza pastorale che non pongono le medesime esigenze di un sacramento né di un rito formale. Dovremo abituarci tutti ad accettare il fatto che, se un sacerdote dà questo tipo di benedizioni semplici, non è un eretico, non ratifica nulla, non sta negando la dottrina cattolica.
Possiamo aiutare il Popolo di Dio a scoprire che questo tipo di benedizioni sono solo semplici canali pastorali che aiutano le persone a manifestare la propria fede, sebbene siano grandi peccatori. Per questo, nel dare queste benedizioni a due persone che insieme si avvicinano per implorarla spontaneamente, non le stiamo consacrando né ci stiamo congratulando con loro né stiamo approvando questo tipo di unione. In realtà lo stesso accade quando si benedicono i singoli individui, in quanto il singolo individuo che chiede una benedizione – non l’assoluzione – potrebbe essere un grande peccatore, ma non per questo gli neghiamo questo gesto paterno nel mezzo della sua lotta per sopravvivere.
Se questo viene chiarito grazie ad una buona catechesi, possiamo liberarci dalla paura che queste nostre benedizioni possano esprimere qualcosa di inadeguato. Possiamo essere ministri più liberi e forse più vicini e fecondi, con un ministero carico di gesti di paternità e di vicinanza, senza paura di essere fraintesi.
Chiediamo al Signore appena nato di riversare su tutti una generosa e gratuita benedizione per poter vivere un santo e felice 2024.
Víctor Manuel Card. Fernández
Prefetto
Mons. Armando Matteo
Segretario per la Sezione Dottrinale
Texte Français
Dicastère pour la Doctrine de la Foi
Communiqué de presse sur la réception de Fiducia supplicans
4 janvier 2024
Nous rédigeons ce communiqué de presse pour aider à clarifier la réception de Fiducia supplicans, tout en recommandant une lecture complète et attentive de la Déclaration pour mieux comprendre le sens de sa proposition.
1. Doctrine
Les déclarations compréhensibles de certaines conférences épiscopales par rapport au document Fiducia supplicans ont le mérite de mettre en évidence la nécessité d’un plus long temps de réflexion pastorale. Ce qu’ont exprimé ces conférences épiscopales ne peut être interprété comme une opposition doctrinale parce que le document est clair et classique sur le mariage et la sexualité. Plusieurs phrases fortes dans la Déclaration ne laissent planer aucun doute :
« Cette déclaration reste ferme sur la doctrine traditionnelle de l’Église concernant le mariage, n’autorisant aucun type de rite liturgique ou de bénédiction similaire à un rite liturgique qui pourrait prêter à confusion ». On agit, face à des couples en situation irrégulière, « sans valider officiellement leur statut ni modifier en quoi que ce soit l’enseignement pérenne de l’Église sur le mariage » (Présentation).
« Sont inadmissibles les rites et les prières qui pourraient créer une confusion entre ce qui est constitutif du mariage, à savoir "une union exclusive, stable et indissoluble entre un homme et une femme, naturellement ouverte à la génération d’enfants", et ce qui le contredit. Cette conviction est fondée sur la doctrine catholique pérenne du mariage. Ce n’est que dans ce contexte que les relations sexuelles trouvent leur sens naturel, propre et pleinement humain. La doctrine de l’Église sur ce point reste ferme » (4).
« Tel est également le sens du Responsum de l’ancienne Congrégation pour la Doctrine de la Foi, lorsqu’il affirme que l’Église n’a pas le pouvoir de donner des bénédictions aux unions entre personnes du même sexe » (5).
« C’est pourquoi, étant donné que l’Église a toujours considéré comme moralement licites uniquement les relations sexuelles vécues dans le cadre du mariage, elle n’a pas le pouvoir de conférer sa bénédiction liturgique lorsque celle-ci peut, d’une certaine manière, offrir une forme de légitimité morale à une union qui se présente comme un mariage ou à une pratique sexuelle extra maritale » (11).
Il est clair qu’il n’y aurait pas de place pour se distancer doctrinalement de cette Déclaration ou pour la considérer comme hérétique, contraire à la Tradition de l’Église ou blasphématoire.
2. Réception pratique
Toutefois, certains évêques s’expriment surtout sur un aspect pratique : les possibles bénédictions de couples en situation irrégulière. La Déclaration contient la proposition de brèves et simples bénédictions pastorales (ni liturgiques ni ritualisées) de couples en situation irrégulière (et non pas des unions), étant entendu qu’il s’agit de bénédictions sans forme liturgique qui n’approuvent ni ne justifient la situation dans laquelle se trouvent ces personnes.
Les documents du Dicastère pour la Doctrine de la Foi, tels que Fiducia supplicans, peuvent requérir, dans leurs aspects pratiques, plus ou moins de temps pour leur application selon les contextes locaux en fonction du discernement de chaque évêque diocésain dans son propre diocèse. En certains endroits, il n’y a pas de difficulté pour une application immédiate, ailleurs, il est nécessaire de ne pas innover tout en prenant le temps nécessaire pour la lecture et l’interprétation.
Certains évêques, par exemple, ont établi que chaque prêtre peut discerner mais qu’il ne peut réaliser ces bénédictions qu’en privé. Cela ne pose pas de problème si on l’exprime dans le respect d’un texte signé et approuvé par le Souverain Pontife lui-même en cherchant à accueillir la réflexion qu’il contient.
Chaque évêque local, en vertu de sa fonction propre, a toujours le pouvoir de discernement in loco, dans ce lieu concret qu’il connaît mieux que d’autres parce qu’il s’agit de son troupeau. La prudence et l’attention au contexte ecclésial et à la culture locale pourraient admettre différentes modalités d’application, mais pas une négation totale ou définitive de ce chemin proposé aux prêtres.
3. La situation délicate de certains pays
Le cas de certaines conférences épiscopales doit être compris dans son contexte. En différents pays, il existe de fortes questions culturelles, voire juridiques, qui exigent du temps et des stratégies pastorales qui vont au-delà du court terme.
S’il existe des législations qui condamnent à l’emprisonnement et, dans certains cas, à la torture voire à la mort le simple fait de se déclarer homosexuel, on comprend qu’une bénédiction serait imprudente. Il est évident que les évêques ne veulent pas exposer les personnes homosexuelles à la violence. Ce qui est important c’est que ces conférences épiscopales ne défendent pas une doctrine différente de celle de la Déclaration approuvée par le Pape, puisqu’elle est la doctrine établie, mais qu’elles proposent plutôt la nécessité d’une étude et d’un discernement afin d’agir avec prudence pastorale dans ce contexte.
En vérité, les pays qui condamnent, interdisent et criminalisent l’homosexualité à des degrés divers ne sont pas rares. Dans ces cas, au-delà de la question des bénédictions, il y a une tâche pastorale, vaste et à long terme, qui comprend la formation, la défense de la dignité humaine, l’enseignement de la doctrine sociale de l’Église et diverses stratégies qui n’admettent pas la précipitation.
4. La véritable nouveauté du document
La véritable nouveauté de cette Déclaration, celle qui demande un effort généreux de réception et dont personne ne devrait se déclarer exclu, n’est pas la possibilité de bénir des couples en situation irrégulière. C’est l’invitation à distinguer deux formes différentes de bénédictions : « liturgique ou ritualisée » et « spontanée ou pastorale ». Dans la Présentation, il est clairement expliqué que « la valeur de ce document, […], est qu’il offre une contribution spécifique et innovante à la signification pastorale des bénédictions, qui permet d’en élargir et enrichir la compréhension classique, étroitement liée à une perspective liturgique. Cette réflexion théologique, basée sur la vision pastorale du Pape François, implique un réel développement par rapport à ce qui a été dit sur les bénédictions dans le Magistère et les textes officiels de l’Église ».
En arrière-plan on trouve l’évaluation positive de la « pastorale populaire » qui apparaît en de nombreux textes du Saint-Père. Dans ce contexte, il nous invite à une valorisation de la foi simple du peuple de Dieu qui, même au milieu de ses péchés, sort de l’immanence et ouvre son cœur pour demander l’aide de Dieu.
C’est pourquoi, plutôt que de se rapporter à la bénédiction des couples en situation irrégulière, le texte du Dicastère a adopté le haut profil d’une Déclaration qui est bien plus qu’un Responsum ou qu’une Lettre. Son thème central, qui nous invite surtout à un approfondissement qui enrichisse notre pratique pastorale, est la compréhension plus ample des bénédictions et la proposition d’accroître les bénédictions pastorales qui ne requièrent pas les mêmes conditions que les bénédictions en contexte liturgique ou rituel. Par conséquent, au-delà des polémiques, ce texte réclame un effort de réflexion sereine, avec un cœur de pasteur, hors de toute idéologie.
Même si certains évêques considèrent qu’il est prudent, pour le moment, de ne pas donner ces bénédictions, nous devons tous grandir dans la conviction que les bénédictions non ritualisées ne sont pas une consécration de la personne ou du couple qui les reçoit, elles ne sont pas une justification de toutes leurs actions, elles ne sont pas une ratification de la vie qu’il mène. Lorsque le Pape nous a demandé de grandir dans une compréhension plus ample des bénédictions pastorales, il nous a proposé de penser à une manière de bénir qui ne nécessite pas de poser de nombreuses conditions pour ce geste simple de proximité pastorale qui est une ressource pour promouvoir l’ouverture à Dieu au milieu des circonstances les plus diverses.
5. Comment se présentent concrètement ces « bénédictions pastorales » ?
Pour se distinguer clairement des bénédictions liturgiques ou ritualisées, les « bénédictions pastorales » doivent avant tout être très brèves (cf. n° 28). Ce sont des bénédictions de quelques secondes, sans Rituel et sans Livre des bénédictions. Si deux personnes s’approchent pour l’implorer, on demande simplement au Seigneur la paix, la santé et d’autres choses bonnes pour ces deux personnes qui la sollicitent. On demande aussi qu’elles puissent vivre en pleine fidélité à l’Évangile du Christ et que l’Esprit Saint délivre ces deux personnes de tout ce qui ne répond pas à sa volonté divine et de tout ce qui a besoin d’une purification.
Cette forme de bénédiction non ritualisée, par la simplicité et la brièveté de sa forme, ne prétend pas justifier quelque chose qui n’est pas moralement acceptable. Il ne s’agit évidemment pas d’un mariage, mais il ne s’agit pas non plus d’une « approbation » ou d’une ratification de quoi que ce soit. Il s’agit simplement de la réponse d’un pasteur à deux personnes qui demandent l’aide de Dieu. Dans ce cas, le pasteur ne pose pas de conditions et ne veut pas connaître la vie intime de ces personnes.
Puisque certains ont exprimé leur difficulté à comprendre à quoi pourraient ressembler ces bénédictions, prenons un exemple concret : imaginons qu’au cours d’un grand pèlerinage, un couple de divorcés engagés dans une nouvelle union dise au prêtre : « S’il vous plaît, donnez-nous une bénédiction, nous ne pouvons pas trouver de travail, lui est très malade, nous n’avons pas de maison, la vie devient très lourde : que Dieu nous aide ! ».
Dans ce cas, le prêtre peut dire une prière simple, semblable à celle-ci : « Seigneur, regarde tes enfants, accorde-leur la santé, le travail, la paix et l’aide réciproque. Délivre-les de tout ce qui contredit ton Évangile et donne-leur de vivre selon ta volonté. Amen ». Et il conclut par un signe de croix sur chacun des deux.
Il s’agit de 10 ou 15 secondes. Y aurait-il un sens à refuser ce type de bénédiction à ces deux personnes qui l’implorent ? Est-ce que cela ne vaut pas la peine de soutenir leur foi, qu’elle soit petite ou grande, de soutenir leurs faiblesses grâce à la bénédiction divine et d’offrir un canal à cette ouverture à la transcendance qui pourrait les conduire à être plus fidèles à l’Évangile ?
Pour éviter toute ambiguïté, la Déclaration ajoute que lorsque la bénédiction est demandée par un couple en situation irrégulière, « bien qu’exprimée en dehors des rites prescrits par les livres liturgiques, […] cette bénédiction ne sera jamais accomplie en même temps que les rites civils d’union, ni même en relation avec eux. Ni non plus avec des vêtements, des gestes ou des paroles propres au mariage. Il en va de même lorsque la bénédiction est demandée par un couple de même sexe » (39). Il est donc entendu qu’elle ne doit pas avoir lieu en un lieu important d’un édifice sacré ni devant l’autel car cela créerait de la confusion.
Par conséquent, chaque évêque dans son diocèse est autorisé par la Déclaration Fiducia supplicans à permettre ce type de bénédictions simples, avec toutes les recommandations de prudence et d’attention, mais en aucun cas il n’est autorisé à proposer ou à mettre en œuvre des bénédictions qui pourraient ressembler à un rite liturgique.
6. Catéchèse
Peut-être qu’en certains lieux une catéchèse sera nécessaire pour faire comprendre que ce genre de bénédictions n’est pas une ratification de la vie menée par ceux qui la demandent. Elles sont encore moins une absolution car ces gestes sont loin d’être un sacrement ou un rite. Ce sont de simples expressions de proximité pastorale qui n’ont pas les mêmes exigences qu’un sacrement ou un rite formel. Nous devrons nous habituer à accepter que si un prêtre donne ce genre de bénédiction simple, il n’est pas hérétique, il ne ratifie rien et il ne nie pas la doctrine catholique.
Nous pouvons aider le peuple de Dieu à découvrir que ce type de bénédictions sont de simples canaux pastoraux qui aident les personnes à manifester leur foi, même si elles sont de grands pécheurs. Par conséquent, en donnant cette bénédiction à deux personnes qui s’approchent spontanément pour l’implorer, nous ne les consacrons pas, nous ne les félicitons pas et nous n’approuvons pas ce type d’union. En réalité, il en va de même lorsque nous bénissons des individus, car l’individu qui demande une bénédiction - et non pas l’absolution - peut être un grand pécheur, mais nous ne lui refusons pas, pour ce motif, ce geste paternel au milieu de sa lutte pour survivre.
Si cela est éclairé par une bonne catéchèse, nous pouvons nous libérer de la peur que nos bénédictions n’expriment quelque chose d’inadéquat. Nous pourrions être des ministres plus libres et peut-être plus proches et plus féconds, avec un ministère empli de gestes de paternité et de proximité, sans craindre d’être mal compris.
Demandons au Seigneur nouveau-né de répandre sur tous une bénédiction généreuse et gratuite, afin que nous puissions vivre une année 2024 sainte et heureuse.
Víctor Manuel Card. Fernández
Préfet
Mons. Armando Matteo
Secrétaire pour la Section Doctrinale