Ad resurgendum cum Christo
de Congrégation pour la Doctrine de la Foi
Date de publication : 15/08/2016
Texte original
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
Istruzione Ad resurgendum cum Christo
circa la sepoltura dei defunti
e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione
1. Per risuscitare con Cristo, bisogna morire con Cristo, bisogna «andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore» (2 Cor 5,8). Con l’Istruzione Piam et constantem del 5 luglio 1963, l’allora Sant’Uffizio ha stabilito che «sia fedelmente mantenuta la consuetudine di seppellire i cadaveri dei fedeli», aggiungendo però che la cremazione non è «di per sé contraria alla religione cristiana» e che non siano più negati i sacramenti e le esequie a coloro che abbiano chiesto di farsi cremare, a condizione che tale scelta non sia voluta «come negazione dei dogmi cristiani, o con animo settario, o per odio contro la religione cattolica e la Chiesa».[1] Questo cambiamento della disciplina ecclesiastica è stato poi recepito nel Codice di Diritto Canonico (1983) e nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali (1990).
Nel frattempo la prassi della cremazione si è notevolmente diffusa in non poche Nazioni, ma nel contempo si sono diffuse anche nuove idee in contrasto con la fede della Chiesa. Dopo avere opportunamente sentito la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi e numerose Conferenze Episcopali e Sinodi dei Vescovi delle Chiese Orientali, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha ritenuto opportuno la pubblicazione di una nuova Istruzione, allo scopo di ribadire le ragioni dottrinali e pastorali per la preferenza della sepoltura dei corpi e di emanare norme per quanto riguarda la conservazione delle ceneri nel caso della cremazione.
2. La risurrezione di Gesù è la verità culminante della fede cristiana, predicata come parte essenziale del Mistero pasquale fin dalle origini del cristianesimo: «Vi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (1 Cor 15,3–5).
Mediante la sua morte e risurrezione, Cristo ci ha liberato dal peccato e ci ha dato accesso a una nuova vita: «Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,4). Inoltre, il Cristo risorto è principio e sorgente della nostra risurrezione futura: «Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti...; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo» (1 Cor 15,20–22).
Se è vero che Cristo ci risusciterà nell’ultimo giorno, è anche vero che, per un certo aspetto, siamo già risuscitati con Cristo. Con il Battesimo, infatti, siamo immersi nella morte e risurrezione di Cristo e sacramentalmente assimilati a lui: «Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel Battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti» (Col 2,12). Uniti a Cristo mediante il Battesimo, partecipiamo già realmente alla vita di Cristo risorto (cf. Ef 2,6).
Grazie a Cristo, la morte cristiana ha un significato positivo. La liturgia della Chiesa prega: «Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo».[2] Con la morte, l’anima viene separata dal corpo, ma nella risurrezione Dio tornerà a dare la vita incorruttibile al nostro corpo trasformato, riunendolo alla nostra anima. Anche ai nostri giorni la Chiesa è chiamata ad annunciare la fede nella risurrezione: «La risurrezione dei morti è la fede dei cristiani: credendo in essa siamo tali».[3]
3. Seguendo l’antichissima tradizione cristiana, la Chiesa raccomanda insistentemente che i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero o in altro luogo sacro.[4]
Nel ricordo della morte, sepoltura e risurrezione del Signore, mistero alla luce del quale si manifesta il senso cristiano della morte,[5] l’inumazione è innanzitutto la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale.[6]
La Chiesa, che come Madre ha accompagnato il cristiano durante il suo pellegrinaggio terreno, offre al Padre, in Cristo, il figlio della sua grazia e ne consegna alla terra le spoglie mortali nella speranza che risusciterà nella gloria.[7]
Seppellendo i corpi dei fedeli defunti, la Chiesa conferma la fede nella risurrezione della carne,[8] e intende mettere in rilievo l’alta dignità del corpo umano come parte integrante della persona della quale il corpo condivide la storia.[9] Non può permettere, quindi, atteggiamenti e riti che coinvolgono concezioni errate della morte, ritenuta sia come l’annullamento definitivo della persona, sia come il momento della sua fusione con la Madre natura o con l’universo, sia come una tappa nel processo della re–incarnazione, sia come la liberazione definitiva della “prigione” del corpo.
Inoltre, la sepoltura nei cimiteri o in altri luoghi sacri risponde adeguatamente alla pietà e al rispetto dovuti ai corpi dei fedeli defunti, che mediante il Battesimo sono diventati tempio dello Spirito Santo e dei quali, «come di strumenti e di vasi, si è santamente servito lo Spirito per compiere tante opere buone».[10]
Il giusto Tobia viene lodato per i meriti acquisiti davanti a Dio per aver seppellito i morti,[11] e la Chiesa considera la sepoltura dei morti come un’opera di misericordia corporale.[12]
Infine, la sepoltura dei corpi dei fedeli defunti nei cimiteri o in altri luoghi sacri favorisce il ricordo e la preghiera per i defunti da parte dei familiari e di tutta la comunità cristiana, nonché la venerazione dei martiri e dei santi.
Mediante la sepoltura dei corpi nei cimiteri, nelle chiese o nelle aree ad esse adibite, la tradizione cristiana ha custodito la comunione tra i vivi e i defunti e si è opposta alla tendenza a occultare o privatizzare l’evento della morte e il significato che esso ha per i cristiani.
4. Laddove ragioni di tipo igienico, economico o sociale portino a scegliere la cremazione, scelta che non deve essere contraria alla volontà esplicita o ragionevolmente presunta del fedele defunto, la Chiesa non scorge ragioni dottrinali per impedire tale prassi, poiché la cremazione del cadavere non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo e quindi non contiene l’oggettiva negazione della dottrina cristiana sull’immortalità dell’anima e la risurrezione dei corpi.[13]
La Chiesa continua a preferire la sepoltura dei corpi poiché con essa si mostra una maggiore stima verso i defunti; tuttavia la cremazione non è vietata, «a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana».[14]
In assenza di motivazioni contrarie alla dottrina cristiana, la Chiesa, dopo la celebrazione delle esequie, accompagna la scelta della cremazione con apposite indicazioni liturgiche e pastorali, avendo particolare cura di evitare ogni forma di scandalo o di indifferentismo religioso.
5. Qualora per motivazioni legittime venga fatta la scelta della cremazione del cadavere, le ceneri del defunto devono essere conservate di regola in un luogo sacro, cioè nel cimitero o, se è il caso, in una chiesa o in un’area appositamente dedicata a tale scopo dalla competente autorità ecclesiastica.
Sin dall’inizio i cristiani hanno desiderato che i loro defunti fossero oggetto delle preghiere e del ricordo della comunità cristiana. Le loro tombe divenivano luoghi di preghiera, della memoria e della riflessione. I fedeli defunti fanno parte della Chiesa, che crede alla comunione «di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati del cielo; tutti insieme formano una sola Chiesa».[15]
La conservazione delle ceneri in un luogo sacro può contribuire a ridurre il rischio di sottrarre i defunti alla preghiera e al ricordo dei parenti e della comunità cristiana. In tal modo, inoltre, si evita la possibilità di dimenticanze e mancanze di rispetto, che possono avvenire soprattutto una volta passata la prima generazione, nonché pratiche sconvenienti o superstiziose.
6. Per i motivi sopra elencati, la conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica non è consentita. Soltanto in caso di circostanze gravi ed eccezionali, dipendenti da condizioni culturali di carattere locale, l’Ordinario, in accordo con la Conferenza Episcopale o il Sinodo dei Vescovi delle Chiese Orientali, può concedere il permesso per la conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica. Le ceneri, tuttavia, non possono essere divise tra i vari nuclei familiari e vanno sempre assicurati il rispetto e le adeguate condizioni di conservazione.
7. Per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista, non sia permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo oppure la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti, tenendo presente che per tali modi di procedere non possono essere addotte le ragioni igieniche, sociali o economiche che possono motivare la scelta della cremazione.
8. Nel caso che il defunto avesse notoriamente disposto la cremazione e la dispersione in natura delle proprie ceneri per ragioni contrarie alla fede cristiana, si devono negare le esequie, a norma del diritto.[16]
Il Sommo Pontefice Francesco, nell’Udienza concessa al sottoscritto Cardinale Prefetto in data 18 marzo 2016, ha approvato la presente Istruzione, decisa nella Sessione Ordinaria di questa Congregazione in data 2 marzo 2016, e ne ha ordinato la pubblicazione.
Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, 15 agosto 2016, Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria.
Gerhard Card. Müller
Prefetto
+ Luis F. Ladaria, S.I.
Arcivescovo titolare di Thibica
Segretario
______________________
[1] AAS 56 (1964), 822-823.
[2] Messale Romano, Prefazio dei defunti, I.
[3] Tertulliano, De resurrectione carnis, 1,1: CCL 2, 921.
[4] Cf. CIC, can. 1176, § 3; can. 1205; CCEO, can. 876, § 3; can. 868.
[5] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1681.
[6] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2300.
[7] Cf. 1 Cor 15,42-44; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1683.
[8] Cf. Sant’Agostino, De cura pro mortuis gerenda, 3, 5: CSEL 41, 628.
[9] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 14.
[10] Cf. Sant’Agostino, De cura pro mortuis gerenda, 3, 5: CSEL 41, 627.
[11] Cf. Tb 2, 9; 12, 12.
[12] Cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2300.
[13] Cf. Suprema Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, Istruzione Piam et constantem, 5 luglio 1963: AAS 56 (1964), 822.
[14] CIC, can. 1176, § 3; cf. CCEO, can. 876, § 3.
[15] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 962.
[16] CIC, can. 1184; CCEO, can. 876, § 3.
Texte Français
CONGRÉGATION POUR LA DOCTRINE DE LA FOI
Instruction
Ad resurgendum cum Christo
sur la sépulture des défunts et la conservation des cendres en cas d’incinération
1. Pour ressusciter avec le Christ, il faut mourir avec le Christ, il faut « quitter ce corps pour aller demeurer auprès du Seigneur » (2 Co 5, 8). Dans son Instruction Piam et constantem du 5 juillet 1963, le Saint-Office avait demandé de « maintenir fidèlement la coutume d’ensevelir les corps des fidèles », précisant toutefois que l’incinération n’est pas « contraire en soi à la religion chrétienne » et qu’on ne devait plus refuser les sacrements et les obsèques à ceux qui demandaient l’incinération, à condition qu’un tel choix ne soit pas motivé par « une négation des dogmes chrétiens, dans un esprit sectaire, ou par haine contre la religion catholique ou l’Église »[1]. Ce changement de la discipline ecclésiastique a été ensuite inséré dans le Code de droit canonique (1983) et le Code des Canons des Églises orientales (1990).
Depuis lors, la pratique de l’incinération s’est sensiblement répandue dans de nombreuses nations, mais, dans le même temps, se sont aussi diffusées de nouvelles idées en contradiction avec la foi de l’Église. Après avoir dûment consulté la Congrégation pour le culte divin et la discipline des sacrements, le Conseil pontifical pour les textes législatifs et de nombreuses Conférences épiscopales et Synodes des évêques des Églises orientales, la Congrégation pour la doctrine de la foi a jugé opportun de publier une nouvelle Instruction pour réaffirmer les raisons doctrinales et pastorales de la préférence pour l’inhumation des corps ; elle voudrait aussi établir des normes portant sur la conservation des cendres en cas d’incinération.
2. La résurrection de Jésus est la vérité suprême de la foi chrétienne, prêchée comme une partie essentielle du mystère pascal depuis les origines du christianisme : « Je vous ai donc transmis en premier lieu ce que j’avais moi-même reçu, à savoir que le Christ est mort pour nos péchés selon les Écritures, qu’il a été mis au tombeau, qu’il est ressuscité le troisième jour selon les Écritures, et qu’il est apparu à Céphas, puis aux Douze » (1 Co 15, 3-4).
Par sa mort et sa résurrection, le Christ nous a libérés du péché et nous a ouvert l’accès à une nouvelle vie : « Le Christ est ressuscité des morts par la gloire du Père, afin que nous vivions nous aussi d’une vie nouvelle » (Rm 6, 4). En outre, le Christ ressuscité est le principe et la source de notre résurrection future : « Le Christ est ressuscité d’entre les morts, prémices de ceux qui se sont endormis. […] De même, en effet, que tous meurent en Adam, ainsi tous revivront dans le Christ » (1 Co 15, 20-22).
S’il est vrai que le Christ nous ressuscitera « au dernier jour », il est vrai aussi que, d’une certaine façon, nous sommes déjà ressuscités avec Lui. En effet, par le baptême, nous sommes plongés dans la mort et la résurrection du Christ, et assimilés à lui sacramentellement : « Ensevelis avec lui lors du baptême, vous êtes aussi ressuscités avec lui, parce que vous avez cru en la force de Dieu qui l’a ressuscité des morts » (Col 2, 12). Unis au Christ par le baptême, nous participons déjà réellement à la vie du Christ ressuscité (cf. Ep 2, 6).
Grâce au Christ, la mort chrétienne a un sens positif. Dans la liturgie, l’Église prie ainsi : « Pour tous ceux qui croient en toi, Seigneur, la vie n’est pas détruite, elle est transformée ; et lorsque prend fin leur séjour sur la terre, ils ont déjà une demeure éternelle dans les cieux »[2]. Par la mort, l’âme est séparée du corps, mais, dans la résurrection, Dieu rendra la vie incorruptible à notre corps transformé, en le réunissant à notre âme. Même de nos jours, l’Église est appelée à proclamer la foi en la résurrection : « La foi des chrétiens, c’est la résurrection des morts : y croire, c’est ressusciter »[3].
3. Suivant la tradition chrétienne immémoriale, l’Église recommande avec insistance que les corps des défunts soient ensevelis dans un cimetière ou en un lieu sacré[4].
En souvenir de la mort, de la sépulture et de la résurrection du Seigneur, mystère à la lumière duquel se manifeste le sens chrétien de la mort[5], l’inhumation est d’abord et avant tout la forme la plus idoine pour exprimer la foi et l’espérance dans la résurrection corporelle[6].
Comme mère, l’Église accompagne le chrétien lors de son pèlerinage terrestre ; dans le Christ, elle offre au Père le fils de sa grâce et remet sa dépouille mortelle à la terre, dans l’espérance qu’il ressuscitera dans la gloire[7].
En ensevelissant les corps des fidèles, l’Église confirme la foi en la résurrection de la chair[8] et veut mettre l’accent sur la grande dignité du corps humain, en tant que partie intégrante de la personne, dont le corps partage l’histoire[9]. Elle ne peut donc tolérer des attitudes et des rites impliquant des conceptions erronées de la mort, considérée soit comme l’anéantissement définitif de la personne, soit comme un moment de sa fusion avec la Mère-nature ou avec l’univers, soit comme une étape dans le processus de réincarnation, ou encore comme la libération définitive de la “prison” du corps.
En outre, la sépulture dans les cimetières ou dans d’autres lieux sacrés répond de manière adéquate à la piété ainsi qu’au respect dus aux corps des fidèles défunts qui, par le baptême, sont devenus temple de l’Esprit Saint et qui ont été « comme les instruments et les vases dont l’Esprit s’est saintement servi pour opérer tant de bonnes œuvres »[10].
Tobie, le juste, est loué pour les mérites acquis devant Dieu en ensevelissant les morts[11], un acte que l’Église considère comme une œuvre de miséricorde corporelle[12].
Enfin, la sépulture des corps des fidèles défunts dans les cimetières ou autres lieux sacrés favorise le souvenir ainsi que la prière de la famille et de toute la communauté chrétienne pour les défunts, sans oublier la vénération des martyrs et des saints.
Grâce à la sépulture des corps dans les cimetières, dans les églises ou les espaces réservés à cet usage, la tradition chrétienne a préservé la communion entre les vivants et les morts, et s’est opposée à la tendance à dissimuler ou à privatiser l’événement de la mort ainsi que la signification qu’il revêt pour les chrétiens.
4. Là où des raisons de type hygiénique, économique ou social poussent à choisir l’incinération – choix qui ne doit pas être contraire à la volonté expresse ou raisonnablement présumée du fidèle défunt –, l’Église ne voit pas de raisons doctrinales pour prohiber cette pratique. En effet, l’incinération du cadavre ne touche pas à l’âme et n’empêche pas la toute-puissance divine de ressusciter le corps ; elle ne contient donc pas, en soi, la négation objective de la doctrine chrétienne sur l’immortalité de l’âme et la résurrection des corps[13].
L’Église continue d’accorder la préférence à l’inhumation des corps, car celle-ci témoigne d’une plus grande estime pour les défunts ; toutefois, l’incinération n’est pas interdite, « à moins qu’elle n’ait été choisie pour des raisons contraires à la doctrine chrétienne »[14].
Lorsqu’il n’existe pas de motivations contraires à la doctrine chrétienne, l’Église accompagne, après la célébration des obsèques, le choix de l’incinération avec d’opportunes directives liturgiques et pastorales, en veillant surtout à éviter toute forme de scandale ou d’indifférentisme religieux.
5. Si, pour des raisons légitimes, l’on opte pour l’incinération du cadavre, les cendres du défunt doivent être conservées normalement dans un lieu sacré, à savoir le cimetière ou, le cas échéant, une église ou un espace spécialement dédié à cet effet par l’autorité ecclésiastique compétente.
Dès l’origine, les chrétiens ont désiré que leurs défunts fissent l’objet de l’intercession et du souvenir de la communauté chrétienne. Leurs tombes sont devenues des lieux de prière, de mémoire et de réflexion. Les fidèles défunts font partie de l’Église qui croit en la communion « de ceux qui sont pèlerins sur la terre, des défunts qui achèvent leur purification, des bienheureux du ciel, tous ensemble formant une seule Église »[15].
La conservation des cendres dans un lieu sacré peut contribuer à réduire le risque de soustraire les défunts à la prière et au souvenir de leur famille et de la communauté chrétienne. De la sorte, on évite également d’éventuels oublis et manques de respect qui peuvent advenir surtout après la disparition de la première génération, ainsi que des pratiques inconvenantes ou superstitieuses.
6. Pour les motifs énumérés ci-dessus, la conservation des cendres dans l’habitation domestique n’est pas autorisée. C’est seulement en cas de circonstances graves et exceptionnelles liées à des conditions culturelles à caractère local que l’Ordinaire, en accord avec la Conférence épiscopale ou le Synode des évêques des Églises orientales, peut concéder l’autorisation de conserver des cendres dans l’habitation domestique. Toutefois, les cendres ne peuvent être distribuées entre les différents cercles familiaux, et l’on veillera toujours à leur assurer des conditions respectueuses et adéquates de conservation.
7. Pour éviter tout malentendu de type panthéiste, naturaliste ou nihiliste, la dispersion des cendres dans l’air, sur terre, dans l’eau ou de toute autre manière, n’est pas permise ; il en est de même de la conservation des cendres issues de l’incinération dans des souvenirs, des bijoux ou d’autres objets. En effet, les raisons hygiéniques, sociales ou économiques qui peuvent motiver le choix de l’incinération ne s’appliquent pas à ces procédés.
8. Dans le cas où le défunt aurait, de manière notoire, requis l’incinération et la dispersion de ses cendres dans la nature pour des raisons contraires à la foi chrétienne, on doit lui refuser les obsèques, conformément aux dispositions du droit[16].
Au cours de l’audience accordée le 18 mars 2016 au Cardinal Préfet de la Congrégation pour la doctrine de la foi, le Souverain Pontife François a approuvé la présente Instruction, décidée lors de la Session ordinaire de ce Dicastère en date du 2 mars 2016, et il en a ordonné la publication.
Donné à Rome, au siège de la Congrégation pour la doctrine de la foi, le 15 août 2016, Solennité de l’Assomption de la Bienheureuse Vierge Marie.
Gerhard Card. Müller
Préfet
+ Luis F. Ladaria, S.I.
Archevêque titulaire de Thibica
Secrétaire
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[1] Sacrée Congrégation Suprême du Saint-Office, Instruction Piam et constantem (5 juillet 1963) : AAS 56 (1964), 822-823 ; La Documentation catholique 61 (1964), col. 1712.
[2] Missel romain, Préface des défunts, 1.
[3] Tertullien, De resurrectione carnis, 1, 1 : CCL 2, 921.
[4] Cf. CIC, can. 1176, § 3 ; can. 1205 ; CCEO, can. 876, § 3 ; can. 868.
[5] Cf. Catéchisme de l’Église catholique, n. 1681.
[6] Cf. Catéchisme de l’Église catholique, n. 2300.
[7] Cf. 1 Co 15, 42-44 ; Catéchisme de l’Église catholique, n. 1683.
[8] Cf. Saint Augustin, De cura pro mortuis gerenda, 3, 5 : CSEL 41, 628.
[9] Cf. Conc. œcum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes, 14.
[10] Cf. Saint Augustin, De cura pro mortuis gerenda, 3, 5 : CSEL 41, 627.
[11] Cf. Tb 2, 9 ; 12, 12.
[12] Cf. Catéchisme de l’Église catholique, n. 2300.
[13] Cf. Sacrée Congrégation Suprême du Saint-Office, Instruction Piam et constantem (5 juillet 1963) : AAS 56 (1964), 822 ; La Documentation catholique, 61 (1964), col. 1712.
[14 ]CIC, can. 1176, § 3 ; cf. CCEO, can. 876, § 3.
[15] Catéchisme de l’Église catholique, n. 962.
[16] CIC, can. 1184 ; CCEO, can. 876, § 3.