ad dubia sur certaines dispositions du Motu Proprio Traditionis Custodes
de Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements
Date de publication : 04/12/2021
Texte original
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
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RESPONSA AD DUBIA
su alcune disposizioni della
Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio»
TRADITIONIS CUSTODES
del Sommo Pontefice
FRANCESCO
AI PRESIDENTI DELLE CONFERENZE DEI VESCOVI
Eminenza / Eccellenza Reverendissima,
dopo la pubblicazione da parte di Papa Francesco della Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» Traditionis custodes sull’uso dei libri liturgici anteriori alla riforma del Concilio Vaticano II, sono giunte alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti – che, esercita, per la materia di sua competenza, l’autorità della Santa Sede (cf. Traditionis custodes, n. 7) – diverse richieste di chiarimenti sulla sua corretta applicazione. Alcune questioni sono state sollevate da più parti e con maggior frequenza: pertanto, dopo averle attentamente valutate, dopo aver informato il Santo Padre e avendo ricevuto il suo assenso, vengono ora pubblicate le risposte alle domande più ricorrenti.
Il testo del Motu Proprio e la Lettera a tutti i Vescovi che lo accompagna esprimono con chiarezza le motivazioni di quanto Papa Francesco ha disposto. La finalità prima è quella di proseguire “nella costante ricerca della comunione ecclesiale” (Traditionis custodes, Premessa) che si esprime riconoscendo nei libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano (cf. Traditionis custodes, n. 1). È questa la direzione nella quale vogliamo camminare ed è questo il senso delle risposte che qui pubblichiamo: ogni norma prescritta ha sempre l’unico scopo di custodire il dono della comunione ecclesiale camminando insieme, con convinzione di mente e di cuore, nella linea indicata dal Santo Padre.
È triste vedere come il vincolo più profondo di unità – la partecipazione all’unico Pane spezzato che è il Suo Corpo offerto perché tutti siano uno (cf. Gv 17,21) – diventi motivo di divisione: è compito dei Vescovi, cum Petro et sub Petro, custodire la comunione, condizione necessaria – l’Apostolo Paolo ce lo ricorda (cf. 1Cor 11,17-34) – per poter partecipare alla mensa eucaristica.
Un fatto è innegabile: i Padri conciliari sentirono l’urgenza di una riforma perché la verità della fede celebrata apparisse sempre più in tutta la sua bellezza e il popolo di Dio crescesse in una piena, attiva, consapevole partecipazione alla celebrazione liturgica (cf. Sacrosanctum Concilium n. 14), momento attuale della storia della salvezza, memoriale della Pasqua del Signore, nostra unica speranza.
Come Pastori non dobbiamo prestarci a polemiche sterili, capaci solo di creare divisione, nelle quali il fatto rituale viene spesso strumentalizzato da visioni ideologiche. Siamo, piuttosto, tutti chiamati a riscoprire il valore della riforma liturgica custodendo la verità e la bellezza del Rito che ci ha donato. Perché questo accada, siamo consapevoli che è necessaria una rinnovata e continua formazione liturgica sia per i presbiteri sia per i fedeli laici.
Nella solenne chiusura della seconda sessione del Concilio (4 dicembre 1963) san Paolo VI così si esprimeva (n. 11):
«Del resto, questa discussione appassionata e complessa non è stata affatto senza un frutto copioso: infatti quel tema che è stato prima di tutto affrontato, e che in un certo senso nella Chiesa è preminente, tanto per sua natura che per dignità – vogliamo dire la sacra Liturgia – è arrivato a felice conclusione, e viene oggi da Noi con solenne rito promulgato. Per questo motivo il Nostro animo esulta di sincera gioia. In questo fatto ravvisiamo infatti che è stato rispettato il giusto ordine dei valori e dei doveri: in questo modo abbiamo riconosciuto che il posto d’onore va riservato a Dio; che noi come primo dovere siamo tenuti ad innalzare preghiere a Dio; che la sacra Liturgia è la fonte primaria di quel divino scambio nel quale ci viene comunicata la vita di Dio, è la prima scuola del nostro animo, è il primo dono che da noi dev’essere fatto al popolo cristiano, unito a noi nella fede e nell’assiduità alla preghiera; infine, il primo invito all’umanità a sciogliere la sua lingua muta in preghiere sante e sincere ed a sentire quell’ineffabile forza rigeneratrice dell’animo che è insita nel cantare con noi le lodi di Dio e nella speranza degli uomini, per Gesù Cristo e nello Spirito Santo».
Quando Papa Francesco (Discorso ai partecipanti alla 68.ma Settimana Liturgica Nazionale, Roma, 24 agosto 2017) ci ricorda che “dopo questo magistero, dopo questo lungo cammino possiamo affermare con sicurezza e con autorità magisteriale che la riforma liturgica è irreversibile” vuole indicarci l’unica direzione nella quale siamo chiamati con gioia ad orientare il nostro impegno di Pastori.
Affidiamo a Maria, Madre della Chiesa, il nostro servizio per “conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace” (Ef 4,3).
Dalla Sede della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il 4 dicembre 2021, 58° anniversario della promulgazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium.
✠ Arthur Roche
Prefetto
Il Sommo Pontefice Francesco, nel corso di un’Udienza concessa al Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti in data 18 novembre 2021, è stato informato e ha dato il suo assenso alla pubblicazione dei presenti RESPONSA AD DUBIA con annesse NOTE ESPLICATIVE.
Traditionis custodes
Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970:
[…]
§ 2. statuat unum vel plures locos ubi fideles, qui his coetibus adhaerent, convenire possint ad Eucharistiam celebrandam (nec autem in ecclesiis paroecialibus nec novas paroecias personales erigens);
Al quesito proposto:
Laddove non vi sia la possibilità di individuare una chiesa od oratorio o cappella disponibile per accogliere i fedeli che celebrano con il Missale Romanum (editio typica 1962), il Vescovo diocesano può chiedere alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti la dispensa dalla disposizione del Motu Proprio Traditionis custodes (art. 3 § 2), e, quindi, permettere la celebrazione nella chiesa parrocchiale?
Si risponde:
Affermativamente.
Nota esplicativa.
Il Motu proprio Traditionis custodes all’art. 3 § 2 chiede che il Vescovo, nelle diocesi in cui finora vi è la presenza di uno o più gruppi che celebrano secondo il Messale antecedente alla riforma del 1970, “indichi, uno o più luoghi dove i fedeli aderenti a questi gruppi possano radunarsi per la celebrazione eucaristica (non però nelle chiese parrocchiali e senza erigere nuove parrocchie personali)”. L’esclusione della chiesa parrocchiale vuole affermare che la celebrazione eucaristica secondo il rito precedente, essendo una concessione limitata ai suddetti gruppi, non fa parte dell’ordinarietà della vita della comunità parrocchiale.
Questa Congregazione, esercitando, per la materia di sua competenza, l’autorità della Santa Sede (cf. Traditionis custodes, n. 7), può concedere, su richiesta del Vescovo diocesano, che venga utilizzata la chiesa parrocchiale per la celebrazione secondo il Missale Romanum del 1962 solo nel caso in cui sia accertata l’impossibilità di utilizzare un’altra chiesa, od oratorio o cappella. La valutazione di tale impossibilità deve essere fatta con scrupolosa attenzione.
Inoltre, tale celebrazione non è opportuno che venga inserita nell’orario delle Messe parrocchiali essendo partecipata solo dai fedeli aderenti al gruppo. Infine, si eviti che vi sia concomitanza con le attività pastorali della comunità parrocchiale. Resta inteso che nel momento in cui dovesse essere disponibile un altro luogo, tale licenza sarà ritirata.
In queste disposizioni non vi è alcuna intenzione di emarginare i fedeli che sono radicati nella forma celebrativa precedente: esse hanno solo lo scopo di ricordare che si tratta di una concessione per provvedere al loro bene (in vista dell’uso comune dell’unica lex orandi del Rito Romano) e non di una opportunità per promuovere il rito precedente.
Traditionis custodes
Art. 1. Libri liturgici a sanctis Pontificibus Paulo VI et Ioanne Paulo II promulgati, iuxta decreta Concilii Vaticani II, unica expressio “legis orandi” Ritus Romani sunt.
Art. 8. Normae, dispositiones, concessiones et consuetudines antecedentes, quae conformes non sint cum harum Litterarum Apostolicarum Motu Proprio datarum praescriptis, abrogantur.
Al quesito proposto:
È possibile, secondo quanto disposto dal Motu Proprio Traditionis custodes, celebrare i Sacramenti con il Rituale Romanum e con il Pontificale Romanum precedenti alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II?
Si risponde:
Negativamente.
Solo alle parrocchie personali canonicamente erette che, secondo quanto disposto dal Motu Proprio Traditionis custodes, celebrano con il Missale Romanum del 1962, il Vescovo diocesano è autorizzato a concedere la licenza di usare solo il Rituale Romanum (ultima editio typica 1952) e non il Pontificale Romanum precedente alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II.
Nota esplicativa.
Il Motu proprio Traditionis custodes vuole ristabilire in tutta la Chiesa di Rito Romano una sola e identica preghiera che esprima la sua unità, secondo i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II e in linea con la tradizione della Chiesa.
Il Vescovo diocesano, quale moderatore, promotore e custode di tutta la vita liturgica, deve operare perché nella sua diocesi si torni a una forma celebrativa unitaria (cf. Papa Francesco, Lettera ai Vescovi di tutto il mondo per accompagnare il testo del Motu Proprio “Traditionis custodes”).
Questa Congregazione, esercitando, per la materia di sua competenza, l’autorità della Santa Sede (cf. Traditionis custodes, n. 7), ritiene che, volendo progredire nella direzione indicata dal Motu proprio, non si debba concedere la licenza di usare il Rituale Romanum e il Pontificale Romanum precedenti alla riforma liturgica, libri liturgici che, come tutte le norme, le istruzioni, le concessioni e le consuetudini precedenti, sono stati abrogati (cf. Traditionis custodes, n. 8).
Solo alle parrocchie personali canonicamente erette che, secondo quanto disposto dal Motu Proprio Traditionis custodes, celebrano con il Missale Romanum del 1962, il Vescovo diocesano è autorizzato a concedere la licenza di usare solo il Rituale Romanum (ultima editio typica 1952) e non il Pontificale Romanum precedente alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Occorre ricordare che la formula per il Sacramento della Confermazione è stata cambiata per tutta la Chiesa latina da san Paolo VI con la Costituzione apostolica Divinæ consortium naturæ (15 agosto 1971).
Tale disposizione intende sottolineare la necessità di affermare chiaramente la direzione indicata dal Motu Proprio che vede nei libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano (cf. Traditionis custodes, n. 1).
Nell’attuare quanto disposto si abbia cura di accompagnare quanti sono radicati nella forma celebrativa precedente verso una piena comprensione del valore della celebrazione nella forma rituale consegnataci dalla riforma del Concilio Vaticano II, attraverso una adeguata formazione che faccia scoprire come essa sia testimonianza di una fede immutata, espressione di una ecclesiologia rinnovata, fonte primaria di spiritualità per la vita cristiana.
Traditionis custodes
Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970:
§ 1. certior fiat coetus illos auctoritatem ac legitimam naturam instaurationis liturgicae, normarum Concilii Vaticani II Magisteriique Summorum Pontificum non excludere;
Al quesito proposto:
Nel caso in cui un presbitero al quale sia stato concesso l’uso del Missale Romanum del 1962 non riconosca la validità e la legittimità della concelebrazione – rifiutandosi di concelebrare, in particolare, nella Messa Crismale – può continuare ad usufruire di tale concessione?
Si risponde:
Negativamente.
Tuttavia, prima di revocare la concessione di utilizzare il Missale Romanum del 1962, il Vescovo abbia cura di stabilire con il presbitero un confronto fraterno, di accertarsi che tale atteggiamento non escluda la validità e la legittimità della riforma liturgica, dei dettati del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Sommi Pontefici e di accompagnarlo verso la comprensione del valore della concelebrazione, in particolare nella Messa Crismale.
Nota esplicativa.
L’Art. 3 § 1 del Motu Proprio Traditionis custodes chiede che il Vescovo diocesano accerti che i gruppi che chiedono di celebrare con il Missale Romanum del 1962 “non escludano la validità e la legittimità della riforma liturgica, dei dettati del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Sommi Pontefici”.
San Paolo richiama con forza la comunità di Corinto a vivere l’unità come condizione necessaria per poter partecipare alla mensa eucaristica (cf. 1Cor 11,17-34).
Nella Lettera inviata ai Vescovi di tutto il mondo per accompagnare il testo del Motu Proprio Traditionis custodes il Santo Padre così si esprime: «Poiché “le celebrazioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è sacramento di unità” (cf. Sacrosanctum Concilium n. 26), devono essere fatte in comunione con la Chiesa. Il Concilio Vaticano II, mentre ribadiva i vincoli esterni di incorporazione alla Chiesa – la professione della fede, dei sacramenti, della comunione –, affermava con sant’Agostino che è condizione per la salvezza rimanere nella Chiesa non solo “con il corpo”, ma anche “con il cuore” (cf. Lumen Gentium n. 14)».
L’esplicita volontà di non partecipare alla concelebrazione, in particolare nella Messa Crismale, sembra esprimere una mancanza sia di accoglienza della riforma liturgica sia di comunione ecclesiale con il Vescovo, requisiti necessari per poter usufruire della concessione di celebrare con il Missale Romanum del 1962.
Tuttavia, prima di revocare la concessione di utilizzare il Missale Romanum del 1962, il Vescovo offra al presbitero il tempo necessario per un sincero confronto sulle più profonde motivazioni che lo portano a non riconoscere il valore della concelebrazione, in particolare nella Messa presieduta dal Vescovo, invitandolo a vivere nel gesto eloquente della concelebrazione quella comunione ecclesiale che è condizione necessaria per poter partecipare alla mensa del sacrificio eucaristico.
Traditionis custodes
Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970:
[…]
§ 3. constituat, in loco statuto, dies quibus celebrationes eucharisticae secundum Missale Romanum a sancto Ioanne XXIII anno 1962 promulgatum permittuntur. His in celebrationibus, lectiones proclamentur lingua vernacula, adhibitis Sacrae Scripturae translationibus ad usum liturgicum ab unaquaque Conferentia Episcoporum approbatis;
Al quesito proposto:
Nella celebrazione eucaristica con l’uso del Missale Romanum del 1962 è possibile utilizzare per le letture il testo integrale della Bibbia scegliendo le pericopi indicate nello stesso Messale?
Si risponde:
Affermativamente.
Nota esplicativa.
L’Art. 3 § 3 del Motu Proprio Traditionis custodes stabilisce che le letture siano proclamate in lingua vernacola, usando le traduzioni della sacra Scrittura per l’uso liturgico, approvate dalle rispettive Conferenze Episcopali.
Poiché i testi delle letture sono contenuti nel Messale stesso e non esistendo quindi il libro del Lezionario, per osservare quanto disposto dal Motu Proprio, si deve necessariamente ricorrere al libro della Sacra Scrittura nella traduzione approvata dalle singole Conferenze Episcopali per l’uso liturgico, scegliendo le pericopi indicate nel Missale Romanum del 1962.
Non potrà essere autorizzata nessuna pubblicazione di Lezionari in lingua vernacola che riporti il ciclo di letture del rito precedente.
Occorre ricordare che l’attuale Lezionario è uno dei frutti più preziosi della riforma liturgica del Concilio Vaticano II. La pubblicazione del Lezionario oltre a superare la forma “plenaria” del Missale Romanum del 1962 per ritornare all’antica tradizione dei singoli libri corrispondenti ai singoli ministeri, realizza quanto auspicato in Sacrosanctum Concilium al n. 51: «Affinché la mensa della parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza, vengano aperti più largamente i tesori della Bibbia in modo che, in un determinato numero di anni, si legga al popolo la maggior parte della sacra Scrittura».
Traditionis custodes
Art. 4. Presbyteri ordinati post has Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit.
Al quesito proposto:
Il Vescovo diocesano per poter concedere ai presbiteri ordinati dopo la pubblicazione del Motu Proprio Traditionis custodes di celebrare con il Missale Romanum del 1962 deve essere autorizzato dalla Sede Apostolica (cf. Traditionis custodes n. 4)?
Si risponde:
Affermativamente.
Nota esplicativa.
Il testo latino (testo ufficiale di riferimento) all’art. 4 così recita: «Presbyteri ordinati post has Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit».
Non si tratta di un semplice parere consultivo, ma di una necessaria autorizzazione data al Vescovo diocesano da parte della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, la quale esercita, per la materia di sua competenza, l’autorità della Santa Sede (cf. Traditionis custodes, n. 7).
Solo avendo ricevuto tale licenza il Vescovo diocesano potrà autorizzare i presbiteri ordinati dopo la pubblicazione del Motu Proprio (16 luglio 2021) a celebrare con il Missale Romanum del 1962.
Questa norma vuole offrire un aiuto al Vescovo diocesano nel valutare tale richiesta: il suo discernimento verrà tenuto in debita considerazione da parte della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Il Motu Proprio esprime con chiarezza la volontà che venga riconosciuta come unica espressione della lex orandi del Rito Romano quella contenuta nei libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II: è, dunque, assolutamente auspicabile che i presbiteri ordinati dopo la pubblicazione del Motu Proprio, condividano questo desiderio del Santo Padre.
Volendo con sollecitudine camminare nella direzione indicata da Papa Francesco, si incoraggiano tutti i formatori dei Seminari ad accompagnare i futuri diaconi e presbiteri nella comprensione e nell’esperienza della ricchezza della riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II: essa, ha saputo valorizzare ogni elemento del Rito Romano e ha favorito – come auspicato dai Padri conciliari – quella piena, consapevole e attiva partecipazione di tutto il Popolo di Dio alla liturgia (cf. Sacrosanctum Concilium n. 14), fonte primaria di autentica spiritualità cristiana.
Traditionis custodes
Art. 5. Presbyteri, qui iam secundum Missale Romanum anno 1962 editum celebrant, ab Episcopo dioecesano licentiam rogabunt ad hanc facultatem servandam.
Al quesito proposto:
La facoltà di celebrare con l’uso del Missale Romanum del 1962 può essere concessa ad tempus?
Si risponde:
Affermativamente.
Nota esplicativa.
La scelta di concedere l’uso del Missale Romanum del 1962 per un tempo definito – della durata che il Vescovo diocesano riterrà opportuna – non solo è possibile ma è anche raccomandata: il termine del periodo definito offre la possibilità di verificare che tutto sia in sintonia con l’orientamento stabilito dal Motu Proprio. L’esito di tale verifica potrà fornire le motivazioni per prolungare o per sospendere la concessione.
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Al quesito proposto:
La facoltà di celebrare con l’uso del Missale Romanum del 1962 concessa dal Vescovo diocesano vale solo per il territorio della sua diocesi?
Si risponde:
Affermativamente.
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Al quesito proposto:
In caso di assenza o di impossibilità del sacerdote autorizzato, anche chi lo sostituisce deve avere una formale autorizzazione?
Si risponde:
Affermativamente.
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Al quesito proposto:
I diaconi e i ministri istituiti che partecipano alla celebrazione con l’uso del Missale Romanum del 1962 devono essere autorizzati dal Vescovo diocesano?
Si risponde:
Affermativamente.
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Al quesito proposto:
Un presbitero autorizzato a celebrare con il Missale Romanum del 1962, che a motivo del suo ufficio (parroco, cappellano, …) celebra nei giorni feriali anche con il Missale Romanum della riforma del Concilio Vaticano II, può binare utilizzando il Missale Romanum del 1962?
Si risponde:
Negativamente.
Nota esplicativa.
Il parroco o il cappellano che – nel compimento del suo ufficio – celebra nei giorni feriali con l’attuale Missale Romanum, unica espressione della lex orandi del Rito Romano, non può binare celebrando con il Missale Romanum del 1962, né con un gruppo né privatamente.
Non è possibile concedere la binazione a motivo del fatto che non si configura il caso della “giusta causa” o della “necessità pastorale” richieste dal can. 905 § 2: il diritto dei fedeli alla celebrazione eucaristica non viene in alcun modo negato essendo offerta la possibilità di partecipare all’Eucaristia nell’attuale forma rituale.
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Al quesito proposto:
Un presbitero autorizzato a celebrare con il Missale Romanum del 1962, può nello stesso giorno celebrare con lo stesso Messale per un altro gruppo di fedeli che ha ricevuto l’autorizzazione?
Si risponde:
Negativamente.
Nota esplicativa.
Non è possibile concedere la binazione a motivo del fatto che non si configura il caso della “giusta causa” o della “necessità pastorale” richieste dal can. 905 § 2: il diritto dei fedeli alla celebrazione eucaristica non viene in alcun modo negato essendo offerta la possibilità di partecipare all’Eucaristia nell’attuale forma rituale.
[01814-IT.01] [Testo originale: Italiano]
Texte Français
Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements
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RESPONSA AD DUBIA
sur certaines dispositions de la
Lettre Apostolique en forme di « Motu Proprio »
TRADITIONIS CUSTODES
du Souverain Pontife
FRANÇOIS
AUX PRÉSIDENTS DES CONFÉRENCES DES ÉVÊQUES
Éminence / Excellence Révérendissime,
suite à la publication par le Pape François de la Lettre Apostolique en forme de «Motu Proprio» Traditionis custodes sur l’usage des livres liturgiques antérieurs à la réforme du Concile Vatican II, la Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements – qui, pour la matière relevant de sa compétence, exerce l’autorité du Saint-Siège (cf. Traditionis custodes, n° 7) – a reçu plusieurs demandes d’éclaircissement sur son application correcte. Certaines questions ont été soulevées de plusieurs côtés et avec une fréquence accrue : c’est pourquoi, après les avoir soigneusement examinées, en avoir informé le Saint-Père et avoir reçu son assentiment, les réponses aux questions les plus récurrentes sont maintenant publiées.
Le texte du Motu Proprio et la Lettre d’accompagnement à tous les Évêques expriment avec clarté les motivations de ce que le pape François a décidé. Le premier objectif est de poursuivre « la recherche constante de la communion ecclésiale » (Traditionis custodes, Préambule) qui s’exprime en reconnaissant dans les livres liturgiques promulgués par les saints Pontifes Paul VI et Jean-Paul II, conformément aux décrets du Concile Vatican II, l’unique expression de la lex orandi du Rite romain (cf. Traditionis custodes, n° 1). C’est la direction dans laquelle nous voulons marcher et c’est le sens des réponses que nous publions ici : chaque norme prescrite a toujours pour unique but de préserver le don de la communion ecclésiale en marchant ensemble, avec conviction d’esprit et de cœur, dans la ligne indiquée par le Saint-Père.
Il est triste de voir comment le lien le plus profond de l’unité – le partage de l’unique Pain rompu qui est son Corps offert pour que tous soient un (cf. Jn 17, 21) – devient un motif de division: il est du devoir des Évêques, cum Petro et sub Petro, de sauvegarder la communion, condition nécessaire – nous rappelle l’apôtre Paul (cf. 1 Co 11, 17-34) – pour pouvoir participer à la table eucharistique
Un fait est indéniable : les Pères conciliaires ont ressenti l’urgence d’une réforme afin que la vérité de la foi célébrée apparaisse toujours plus dans toute sa beauté et que le Peuple de Dieu grandisse dans une participation pleine, consciente et active à la célébration liturgique (cf. Sacrosanctum Concilium n° 14), moment actuel de l’histoire du salut, mémorial de la Pâque du Seigneur, notre unique espérance
En tant que Pasteurs, nous ne devons pas nous prêter à des polémiques stériles, capables uniquement de créer des divisions, dans lesquelles le fait rituel est souvent exploité par des visions idéologiques. Au contraire, nous sommes tous appelés à redécouvrir la valeur de la réforme liturgique en préservant la vérité et la beauté du Rite qu’elle nous a donné. Pour ce faire, nous sommes conscients qu’une formation liturgique renouvelée et continue est nécessaire tant pour les prêtres que pour les fidèles laïcs
Lors de la clôture solennelle de la deuxième session du Concile (4 décembre 1963), saint Paul VI l’a exprimé de la manière suivante (n° 11) :
« Cette discussion passionnée et complexe n’a d’ailleurs pas manqué de porter des fruits abondants : en effet, le sujet qui a été abordé en premier lieu et qui, en un certain sens, est prééminent dans l’Église, tant par sa nature que par sa dignité – nous voulons parler de la sainte Liturgie – a trouvé une heureuse conclusion et est aujourd’hui promulgué par Nous avec un rite solennel. C’est pourquoi Notre âme exulte d’une joie sincère. Car en cela, nous voyons que l’ordre des valeurs et des devoirs a été accompli : Nous avons ainsi reconnu que la place d’honneur doit être réservée à Dieu ; que nous sommes tenus, comme premier devoir, d’élever des prières vers Dieu ; que la sainte Liturgie est la source première de cet échange divin dans lequel la vie de Dieu nous est communiquée ; qu’elle est la première école de notre âme ; qu’elle est le premier don que nous devons faire au peuple chrétien, uni à nous dans la foi et dans la prière assidue ; enfin, c’est la première invitation faite à l’humanité de délier sa langue muette dans des prières saintes et sincères et de sentir cette ineffable puissance régénératrice de l’âme qui est inhérente au fait de chanter avec nous les louanges de Dieu et dans l’espérance des hommes, par Jésus-Christ et dans l’Esprit Saint ».
Lorsque le Pape François (Discours aux participants de la 68ème Semaine Liturgique Nationale, Rome, 24 août 2017) nous rappelle qu’« après ce magistère, après ce long parcours, nous pouvons affirmer avec certitude et autorité magistérielle que la réforme liturgique est irréversible », il veut nous indiquer la seule direction dans laquelle nous sommes joyeusement appelés à orienter notre engagement de pasteurs.
Confions à Marie, Mère de l’Église, notre service pour « conserver l’unité de l’esprit par le lien de la paix ». (Ef 4,3).
Donné au Siège de la Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements, le 4 décembre 2021, 58ème anniversaire de la promulgation de la Constitution sur la sainte Liturgie Sacrosanctum Concilium.
✠ Arthur Roche
Préfet
Le Souverain Pontife François, au cours d’une audience accordée au Préfet de la Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements le 18 novembre 2021, a été informé et a donné son consentement à la publication des présents RESPONSA AD DUBIA avec les NOTES EXPLICATIVES annexes.
Traditionis custodes
Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970:
[…]
§ 2. statuat unum vel plures locos ubi fideles, qui his coetibus adhaerent, convenire possint ad Eucharistiam celebrandam (nec autem in ecclesiis paroecialibus nec novas paroecias personales erigens);
Question :
Lorsqu’il n’est pas possible de trouver une église ou un oratoire ou une chapelle disponibles pour accueillir les fidèles qui célèbrent avec le Missale Romanum (Editio typica 1962), l’évêque diocésain peut-il demander à la Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements une dispense de la disposition du Motu Proprio Traditionis custodes (Art. 3 § 2), et ainsi permettre la célébration dans l’église paroissiale?
Réponse :
Oui.
Note explicative.
Le Motu proprio Traditionis custodes, à l’art. 3 § 2, demande que l’évêque, dans les diocèses où jusqu’à présent il y avait un ou plusieurs groupes célébrant selon le Missel antérieur à la réforme de 1970, «doit indiquer un ou plusieurs lieux où les fidèles qui adhèrent à ces groupes puissent se rassembler pour la célébration eucharistique (sans toutefois que ce soit dans les églises paroissiales et sans ériger de nouvelles paroisses personnelles) ». L’exclusion de l’église paroissiale vise à affirmer que la célébration de l’Eucharistie selon le rite précédent, étant une concession limitée à ces groupes, ne fait pas partie de la vie ordinaire de la communauté paroissiale.
Cette Congrégation, exerçant l’autorité du Saint-Siège dans les matières relevant de sa compétence (cf. Traditionis custodes 7), peut accorder, à la demande de l’Évêque diocésain, que l’église paroissiale soit utilisée pour la célébration selon le Missale Romanum de 1962 uniquement dans le cas où il est établi qu’il est impossible d’utiliser une autre église, un oratoire ou une chapelle. L’évaluation de cette impossibilité doit être faite avec un soin scrupuleux.
En outre, il n’est pas opportun qu’une telle célébration soit incluse dans le calendrier des messes de la paroisse, puisqu’elle n’est suivie que par les fidèles qui sont membres du groupe. Enfin, on doit éviter qu’elle soit célébrée en même temps que les activités pastorales de la communauté paroissiale. Il est entendu qu’à partir du moment où un autre lieu sera disponible, cette licence sera retirée.
Ces dispositions n’ont pas pour but de marginaliser les fidèles enracinés dans la forme de célébration précédente : elles visent seulement à leur rappeler qu’il s’agit d’une concession pour pourvoir à leur bien (en vue de l’usage commun de l’unique lex orandi du Rite Romain) et non d’une occasion de promouvoir le rite précédent.
Traditionis custodes
Art. 1. Libri liturgici a sanctis Pontificibus Paulo VI et Ioanne Paulo II promulgati, iuxta decreta Concilii Vaticani II, unica expressio “legis orandi” Ritus Romani sunt.
Art. 8. Normae, dispositiones, concessiones et consuetudines antecedentes, quae conformes non sint cum harum Litterarum Apostolicarum Motu Proprio datarum praescriptis, abrogantur.
Question :
Conformément aux dispositions du Motu Proprio Traditionis Custodes, est-il possible de célébrer les Sacrements avec le Rituale Romanum et le Pontificale Romanum d’avant la réforme liturgique du Concile Vatican II?
Réponse :
Non.
Seulement aux paroisses personnelles érigées canoniquement qui, selon les dispositions du Motu Proprio Traditionis custodes, célèbrent avec le Missale Romanum de 1962, l’évêque diocésain est autorisé à accorder la licence pour utiliser uniquement le Rituale Romanum (dernière édition typica 1952) et non le Pontificale Romanum antérieur à la réforme liturgique du Concile Vatican II.
Note explicative.
Le Motu proprio Traditionis custodes vise à rétablir dans toute l’Église de Rite Romain une prière unique et identique exprimant son unité, selon les livres liturgiques promulgués par les saints Pontifes Paul VI et Jean-Paul II, en conformité avec les décrets du Concile Vatican II et dans la ligne de la tradition de l’Église.
L’Évêque diocésain, en tant que modérateur, promoteur et gardien de toute la vie liturgique, doit œuvrer pour que, dans son diocèse, on revienne à une forme unitaire de célébration (cf. Pape François, Lettre aux évêques du monde entier pour la présentation du Motu Proprio «Traditionis custodes», 16 juillet 2021).
Cette Congrégation, exerçant, pour la matière relevant de sa compétence, l’autorité du Saint-Siège (cf. Traditionis custodes, n° 7), considère que, voulant progresser dans la direction indiquée par le Motu proprio, on ne doit pas accorder la licence d’utiliser le Rituale Romanum et le Pontificale Romanum antérieurs à la réforme liturgique, livres qui, comme toutes les normes, instructions, concessions et coutumes antérieures, ont été abrogés (cf. Traditionis custodes, n° 8).
Seulement aux paroisses personnelles érigées canoniquement qui, selon les dispositions du Motu Proprio Traditionis Custodes, célèbrent avec le Missale Romanum de 1962, l’Évêque diocésain est autorisé à accorder, selon son discernement, la licence d’utiliser uniquement le Rituale Romanum (dernière editio typica 1952) et non le Pontificale Romanum antérieur à la réforme liturgique du Concile Vatican II. Il convient de rappeler que la formule du Sacrement de la Confirmation a été changée pour toute l’Église latine par saint Paul VI avec la Constitution Apostolique Divinæ consortium naturæ (15 août 1971).
Cette disposition vise à souligner la nécessité d’affirmer clairement l’orientation indiquée par le Motu Proprio, qui voit dans les livres liturgiques promulgués par les saints Pontifes Paul VI et Jean-Paul II, conformément aux décrets du Concile Vatican II, l’unique expression de la lex orandi du Rite romain (cf. Traditionis custodes 1).
Dans la mise en œuvre de ces dispositions, on veillera à accompagner ceux qui sont enracinés dans la forme antérieure de célébration vers une pleine compréhension de la valeur de la célébration dans la forme rituelle que nous a donnée la réforme du Concile Vatican II, à travers une formation appropriée qui permette de découvrir comment elle est le témoignage d’une foi inchangée, l’expression d’une ecclésiologie renouvelée et la source première de spiritualité pour la vie chrétienne.
Traditionis custodes
Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970:
§ 1. certior fiat coetus illos auctoritatem ac legitimam naturam instaurationis liturgicae, normarum Concilii Vaticani II Magisteriique Summorum Pontificum non excludere;
Question :
Si un prêtre qui a obtenu l’usage du Missale Romanum de 1962 ne reconnaît pas la validité et la légitimité de la concélébration – refusant notamment de concélébrer à la Messe chrismale – peut-il continuer à bénéficier de cette concession ?
Réponse :
Non.
Toutefois, avant de révoquer la concession d’utiliser le Missale Romanum de 1962, l’évêque devrait prendre soin d’établir un dialogue fraternel avec le prêtre, de s’assurer que cette attitude n’exclut pas la validité et la légitimité de la réforme liturgique, les dictats du Concile Vatican II et du Magistère des Souverains Pontifes, et de l’accompagner vers une compréhension de la valeur de la concélébration, en particulier lors de la Messe chrismale.
Note explicative.
L’art. 3 § 1 du Motu Proprio Traditionis custodes demande à l’évêque diocésain de veiller à ce que les groupes qui demandent à célébrer avec le Missale Romanum de 1962 «n’excluent pas la validité et la légitimité de la réforme liturgique, des écrits du concile Vatican II et du Magistère pontifical».
Saint Paul exhorte fortement la communauté de Corinthe à vivre l’unité comme une condition nécessaire pour pouvoir participer à la table eucharistique (cf. 1 Co 11, 17-34).
Dans la Lettre envoyée aux évêques du monde entier pour présenter le texte du Motu Proprio Traditionis custodes, le Saint-Père s’exprime ainsi : « Puisque “ les célébrations liturgiques ne sont pas des actions privées, mais des célébrations de l’Église, qui est sacrement de l’unité ” (cf. Sacrosanctum Concilium n° 26), elles doivent se faire en communion avec l’Église. Le Concile Vatican II, tout en réaffirmant les liens extérieurs d’incorporation à l’Église – la profession de la foi, des sacrements, de la communion – affirmait avec saint Augustin que c’est une condition pour que le salut que de demeurer dans l’Église non seulement “avec le corps”, mais aussi “avec le cœur” (cf. Lumen Gentium n° 14) ».
Le désir explicite de ne pas participer à la concélébration, en particulier à la Messe chrismale, semble exprimer un manque d’acceptation de la réforme liturgique et de communion ecclésiale avec l’évêque, deux conditions nécessaires pour bénéficier de la concession de célébrer avec le Missale Romanum de 1962.
Toutefois, avant de révoquer la concession d’utiliser le Missale Romanum de 1962, l’évêque devrait offrir au presbytre le temps nécessaire pour une discussion sincère sur les motivations profondes qui le conduisent à ne pas reconnaître la valeur de la concélébration, en particulier dans la Messe présidée par l’évêque, en l’invitant à faire l’expérience, dans le geste éloquent de la concélébration, de cette communion ecclésiale qui est une condition nécessaire pour pouvoir participer à la table du sacrifice eucharistique.
Traditionis custodes
Art. 3. Episcopus, in dioecesibus ubi adhuc unus vel plures coetus celebrant secundum Missale antecedens instaurationem anni 1970:
[…]
§ 3. constituat, in loco statuto, dies quibus celebrationes eucharisticae secundum Missale Romanum a sancto Ioanne XXIII anno 1962 promulgatum permittuntur. His in celebrationibus, lectiones proclamentur lingua vernacula, adhibitis Sacrae Scripturae translationibus ad usum liturgicum ab unaquaque Conferentia Episcoporum approbatis;
Question :
Lors des célébrations eucharistiques utilisant le Missale Romanum de 1962, est-il possible d’utiliser le texte intégral de la Bible pour les lectures, en choisissant les péricopes indiquées dans le Missel ?
Réponse :
Oui.
Note explicative.
L’article 3 § 3 du Motu Proprio Traditionis Custodes stipule que les lectures doivent être proclamées en langue vernaculaire, en utilisant les traductions des Saintes Écritures à usage liturgique, approuvées par les Conférences épiscopales respectives.
Puisque les textes des lectures sont contenus dans le Missel lui-même, et qu’il n’y a donc pas de livre du Lectionnaire, pour observer les dispositions du Motu Proprio, il faut nécessairement utiliser le livre de la Sainte Écriture dans la traduction approuvée par les différentes Conférences Épiscopales pour l’usage liturgique, en choisissant les péricopes indiquées dans le Missale Romanum de 1962
On n’autorisera pas la publication de Lectionnaires en langue vernaculaire qui reproduisent le cycle de lectures du rite précédent.
Il faut rappeler que le présent Lectionnaire est l’un des fruits les plus précieux de la réforme liturgique du Concile Vatican II. La publication du Lectionnaire, en plus de dépasser la forme «plénière» du Missale Romanum de 1962 et de revenir à l’ancienne tradition des livres individuels correspondant aux ministères individuels, répond au souhait exprimé dans Sacrosanctum Concilium, n° 51: «Pour présenter aux fidèles avec plus de richesse la table de la Parole de Dieu, on ouvrira plus largement les trésors de la Bible pour que, en l’espace d’un nombre d’années déterminé, on lise au peuple la partie la plus importante des Saintes Écritures».
Traditionis custodes
Art. 4. Presbyteri ordinati post has Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit.
Question :
Pour que l’évêque diocésain puisse accorder aux prêtres ordonnés après la publication du Motu Proprio Traditionis custodes de célébrer avec le Missale Romanum de 1962, il doit être autorisé par le Siège Apostolique (cf. Traditionis custodes, n° 4).
Réponse :
Oui.
Note explicative.
Le texte latin (texte officiel de référence) stipule à l’article 4 : « Presbyteri ordinati post a Litteras Apostolicas Motu Proprio datas promulgatas, celebrare volentes iuxta Missale Romanum anno 1962 editum, petitionem formalem Episcopo dioecesano mittere debent, qui, ante concessionem, a Sede Apostolica licentiam rogabit ».
Il ne s’agit pas d’un simple avis consultatif, mais d’une autorisation nécessaire donnée à l’évêque diocésain par la Congrégation pour le Culte divin et la Discipline des Sacrements, qui exerce l’autorité du Saint-Siège dans les matières relevant de sa compétence (cf. Traditionis custodes, n° 7).
Ce n’est qu’après avoir reçu cette licence que l’évêque diocésain pourra autoriser les prêtres ordonnés après la publication du Motu Proprio (16 juillet 2021) à célébrer avec le Missale Romanum de 1962.
Cette norme a pour but d’aider l’évêque diocésain à évaluer une telle demande: son discernement sera dûment pris en compte par la Congrégation pour le Culte Divin et la Discipline des Sacrements.
Le Motu Proprio exprime clairement la volonté de reconnaître comme seule expression de la lex orandi du Rite romain celle contenue dans les livres liturgiques promulgués par les saints Pontifes Paul VI et Jean-Paul II, conformément aux décrets du Concile Vatican II: il est donc absolument souhaitable que les prêtres ordonnés après la publication du Motu Proprio partagent ce désir du Saint-Père.
Désireux de marcher avec sollicitude dans la direction indiquée par le pape François, tous les formateurs des séminaires sont encouragés à accompagner les futurs diacres et prêtres dans la compréhension et l’expérience de la richesse de la réforme liturgique voulue par le concile Vatican II: elle a su mettre en valeur chaque élément du Rite Romain et a favorisé – comme le désiraient les pères conciliaires – la participation pleine, consciente et active de tout le peuple de Dieu à la liturgie (cf. Sacrosanctum Concilium n° 14), source première de l’authentique spiritualité chrétienne.
Traditionis custodes
Art. 5. Presbyteri, qui iam secundum Missale Romanum anno 1962 editum celebrant, ab Episcopo dioecesano licentiam rogabunt ad hanc facultatem servandam.
Question :
Est-ce que la faculté de célébrer avec l’usage du Missale Romanum de 1962 peut être accordée ad tempus?
Réponse :
Oui.
Note explicative.
Le choix d’accorder l’usage du Missale Romanum de 1962 pour une période définie – de la durée que l’Évêque diocésain juge opportune – est non seulement possible mais aussi recommandé: la fin de la période définie offre la possibilité de vérifier que tout est en harmonie avec l’orientation établie par le Motu Proprio. Le résultat de cette vérification peut motiver la prolongation ou la suspension de la concession.
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Question :
Est-ce que la faculté de célébrer en utilisant le Missale Romanum de 1962 accordée par l’évêque diocésain ne s’applique qu’au territoire de son diocèse ?
Réponse :
Oui.
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Question :
En cas d’absence ou d’empêchement du prêtre autorisé, est-ce que celui qui le remplace doit également disposer d’une autorisation formelle ?
Réponse :
Oui.
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Question :
Est-ce que les diacres et les ministres institués qui participent à la célébration où l’on utilise le Missale Romanum de 1962 doivent être autorisés par l’évêque diocésain ?
Réponse :
Oui.
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Question :
Est-ce qu’un prêtre qui est autorisé à célébrer avec le Missale Romanum de 1962 et qui, en raison de sa charge (curé, aumônier, …), célèbre également les jours de semaine avec le Missale Romanum de la réforme du Concile Vatican II, peut biner en utilisant le Missale Romanum de 1962?
Réponse :
Non.
Note explicative.
Le curé ou l’aumônier qui – dans l’accomplissement de sa charge – célèbre les jours de semaine avec le Missale Romanum actuel, seule expression de la lex orandi du Rite romain, ne peut pas biner en célébrant avec le Missale Romanum de 1962, que ce soit avec un groupe ou en privé.
Il n’est pas possible de biner parce qu’il n’y a pas de «juste cause» ou de «nécessité pastorale» comme l’exige le canon 905 §2 : le droit des fidèles à célébrer l’Eucharistie n’est nullement nié, puisqu’on leur offre la possibilité de participer à l’Eucharistie dans sa forme rituelle actuelle.
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Question :
Est-ce qu’un prêtre autorisé à célébrer avec le Missale Romanum de 1962, peut célébrer le même jour avec le même Missel pour un autre groupe de fidèles ayant reçu l’autorisation ?
Réponse :
Non.
Note explicative.
Il n’est pas possible de biner parce qu’il n’y a pas de «juste cause» ou de «nécessité pastorale» comme l’exige le canon 905 §2 : le droit des fidèles à célébrer l’Eucharistie n’est nullement nié, puisqu’on leur offre la possibilité de participer à l’Eucharistie dans sa forme rituelle actuelle.
[01814-FR.01] [Texte original: Italien]